Biografia: la vita di Padre Pio di Pietralcina
Quando muore, il 23 settembre 1968, a 81 anni, le stimmate scompaiono dal suo corpo e, davanti alle circa centomila persone venute da ogni dove ai suoi funerali, ha inizio quel processo di santificazione che ben prima che la Chiesa lo elevasse alla gloria degli altari lo colloca nella devozione dei fedeli di tutto il mondo come uno dei santi più amati dell’ultimo secolo.
Francesco Forgione era nato a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. I suoi genitori, Grazio e Giuseppa, erano poveri contadini, ma assai devoti: in famiglia il rosario si pregava ogni sera in casa tutti insieme, in un clima di grande e filiale fiducia in Dio e nella Madonna. Il soprannaturale irrompe assai presto nella vita del futuro santo: fin da bambino egli riceveva visite frequenti di Gesù e Maria, vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Vuole partire missionario per terre lontane, ma Dio ha su di lui altri disegni, specialissimi.
I primi anni di sacerdozio sono compromessi e resi amari dalle sue pessime condizioni di salute, tanto che i superiori lo rimandano più volte a Pietrelcina, nella casa paterna, dove il clima gli è più congeniale. Padre Pio è malato assai gravemente ai polmoni. I medici gli danno poco da vivere. Come se non bastasse, alla malattia si vanno ad aggiungere le terribili vessazioni a cui il demonio lo sottopone, che non lasciano mai in pace il povero frate, torturato nel corpo e nello spirito.
Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, dove egli trascorre anche quattordici-sedici ore al giorno, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. È il suo ministero, che attinge la propria forza dalla preghiera e dall’altare, e che Padre Pio realizza non senza grandi sofferenze fisiche e morali.
Il 20 settembre 1918, infatti, il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Padre Pio viene visitato da un gran numero di medici, subendo incomprensioni e calunnie per le quali deve sottostare a infamanti ispezioni canoniche; il frate delle stimmate si dichiara “figlio dell’obbedienza” e sopporta tutto con serafica pazienza. Infine, viene anche sospeso a divinis e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale.
La sua celletta, la numero 5, portava appeso alla porta un cartello con una celebre frase di S. Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”. Maria è il segreto della grandezza di Padre Pio, il segreto della sua santità. A Lei, nel maggio 1956, dedica la “Casa Sollievo della Sofferenza”, una delle strutture sanitarie oggi più qualificate a livello nazionale e internazionale, con 70.000 ricoveri l’anno, attrezzature modernissime e collegamenti con i principali istituti di ricerca nel mondo.
Negli anni ‘40, per combattere con l’arma della preghiera la tremenda realtà della seconda guerra mondiale, Padre Pio diede avvio ai Gruppi di Preghiera, una delle realtà ecclesiali più diffuse attualmente nel mondo, con oltre duecentomila devoti sparsi in tutta la terra. Con la “Casa Sollievo della Sofferenza” essi costituiscono la sua eredità spirituale, il segno di una vita tutta dedicata alla preghiera e contrassegnata da una devozione ardente alla Vergine.
Da Lei il frate si sentiva protetto nella sua lotta quotidiana col demonio, il “cosaccio” come lo chiamava, e per ben due volte la Vergine lo guarisce miracolosamente, nel 1911 e nel 1959. In quest’ultimo caso i medici lo avevano dato proprio per spacciato quando, dopo l’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima a San Giovanni Rotondo, il 6 agosto 1959, Padre Pio fu risanato improvvisamente, tra lo stupore e la gioia dei suoi devoti.
“Esiste una scorciatoia per il Paradiso?”, gli fu domandato una volta. “Sì”, lui rispose, “è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”. Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà, la pazienza, il silenzio, la purezza, la carità. “Vorrei avere una voce così forte – diceva – per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”.
Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne. “Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”.
Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”.
Intorno alla sua figura in questi anni si sono scritti molti fiumi di inchiostro. Un incalcolabile numero di articoli e tantissimi libri; si conta che approssimativamente sono più di 200 le biografie a lui dedicate soltanto in italiano. “Farò più rumore da morto che da vivo”, aveva pronosticato lui con la sua solita arguzia. Quella di Padre Pio è veramente una “clientela” mondiale. Perché tanta devozione per questo san Francesco del sud?
Padre Raniero Cantalamessa lo spiega così: “Se tutto il mondo corre dietro a Padre Pio – come un giorno correva dietro a Francesco d’Assisi – è perché intuisce vagamente che non sarà la tecnica con tutte le sue risorse, né la scienza con tutte le sue promesse a salvarci, ma solo la santità. Che è poi come dire l’amore”.
Miracoli di Padre Pio di Pietralcina
Risale al 1908 quello che fu definito uno dei primi miracoli di Padre Pio. Trovandosi nel convento di Montefusco, fra Pio pensò di andare a raccogliere un sacchetto di marroni da mandare alla zia Daria, a Pietrelcina, che gli aveva sempre dimostrato un grande affetto. La donna ricevette le castagne, le mangiò e conservò il sacchetto per ricordo. Qualche tempo dopo, una sera, facendosi luce con una lampada ad olio, zia Daria andò a rovistare in un cassetto dove il marito custodiva la polvere da sparo. Una scintilla appiccò il fuoco ed il cassetto esplose investendo la donna in pieno volto. Urlando di dolore zia Daria prese dal comò il sacchetto che aveva contenuto le castagne di fra Pio e lo pose sul viso nel tentativo di porre sollievo alle ustioni. Immediatamente il dolore scomparve e sul volto della donna non restò alcun segno delle bruciature.
Durante la guerra il pane era razionato. Al convento di Santa Maria delle Grazie c’erano sempre più ospiti e i poveri che venivano a chiedere la carità erano sempre più numerosi. Un giorno quando i religiosi si recarono in refettorio, nel cesto c’era mezzo chilo di pane. La comunità pregò il Signore e sedette a mensa per mangiare la minestra. Padre Pio si era fermato in Chiesa. Poco dopo arrivò con parecchi filoni di pane fresco. Il Superiore gli disse “dove li hai presi?” – “Me li ha dati una pellegrina alla porta”, rispose. Nessuno parlò, ma tutti avevano compreso che solo lui poteva incontrare certi pellegrini.
Una mattina il sacrista si era dimenticato di far consacrare le particole per la comunione. Nella pisside ne erano rimaste pochissime. Terminate le confessioni Padre Pio cominciò a distribuire la comunione ai fedeli, che erano moltissimi. Li comunicò tutti, e nella pisside avanzarono ancora delle particole.
Una figlia spirituale di Padre Pio, sul bordo della strada, leggeva una lettera del Frate. Il foglio le sfuggì di mano e il vento lo fece rotolare per la discesa. Era già lontano quando si arrestò su una pietra e la signorina poté recuperarlo. L’indomani Padre Pio le disse: “Fate attenzione al vento la prossima volta. Se non ci avessi messo il piede sopra, la mia lettera sarebbe finita a valle”.
La signora Cleonice – figlia spirituale di Padre Pio raccontava: – “Durante l’ultima guerra mio nipote fu fatto prigioniero. Non ricevemmo notizie per un anno. Tutti lo credevano morto. I genitori impazzivano dal dolore. Un giorno la madre si butto ai piedi di Padre Pio che stava in confessionale – ditemi se mio figlio è vivo. Io non mi FOTO15.jpg (4797 byte)tolgo dai vostri piedi se non me lo dite. – Padre Pio si commosse e con le lacrime che gli rigavano il volto disse – “Alzati e vai tranquilla”. Alcuni giorni dopo, il mio cuore, non potendo sopportare il pianto accorato dei genitori, mi decisi di chiedere al Padre un miracolo, piena di fede gli dissi: – “Padre io scrivo una lettera a mio nipote Giovannino, con il solo nome, non sapendo dove indirizzarla. Voi e il vostro Angelo Custode portatela dove egli si trova. Padre Pio non rispose, scrissi la lettera e la poggiai, la sera, prima di andare a letto, sul comodino. La mattina dopo con mia grande sorpresa, stupore e quasi paura, vidi che la lettera non c’era più. Andai commossa a ringraziare il Padre che mi disse – “Ringrazia la Vergine”. Dopo una quindicina di giorni in famiglia si piangeva di gioia, si ringraziava Dio e Padre Pio: era arrivata la lettera di risposta alla mia missiva da colui che si riteneva morto.
La signora Luisa aveva un figlio che era Ufficiale della marina di Sua Maestà Britannica. Essa pregava tutti i giorni per la conversione e la salvezza del figlio. Un giorno giunse a San Giovanni Rotondo un pellegrino inglese. Portava con se un fascio di giornali. Luisa volle leggerli. Trovò la notizia dell’affondamento della nave sulla quale era imbarcato suo figlio. Corse piangendo da Padre Pio. Il Cappuccino la consolò: “Chi vi ha detto che vostro figlio è morto?” e le dette l’indirizzo preciso, con il nome dell’albergo, dove il giovane ufficiale, scampato al naufragio della sua nave affondata nell’atlantico, era ospitato in attesa dell’imbarco. Luisa scrisse subito e dopo pochi giorni ebbe la risposta dal figlio.
Una donna di San Giovanni Rotondo “una di quelle anime”, diceva Padre Pio, “che fanno arrossire i confessori in cui non si trova materia per applicare l’assoluzione”, in altre parole un’anima degna del Paradiso ebbe questa esperienza. Verso la fine della Quaresima, Paolina, questo il nome della signora, si ammala gravemente. I medici dicono che non ci sono più speranze. Il marito con i cinque figli, si reca al convento. Supplicano Padre Pio; I due bambini più piccoli aggrappati al saio singhiozzano. Padre Pio è sconvolto, cerca di consolarli, promette preghiere e niente più. Qualche giorno dopo l’inizio della Settima Santa, Padre Pio si contiene diversamente. A coloro che imploravano la sua intercessione per la guarigione di Paolina, il Padre dice con voce ferma: “Resusciterà il giorno di Pasqua”. Il venerdì Santo Paolina perde conoscenza, all’alba del sabato entra in coma. Dopo qualche ora l’agonizzante si immobilizza. E’ morta. Alcuni familiari di Paolina prendono il vestito da sposa per vestirla secondo la tradizione del paese, altri, disperati, corrono al convento. Padre Pio ripete: “Resusciterà…”. E s’avvia all’altare per celebrare la S. Messa. Nell’intonare il Gloria, mentre il suono delle campane annunzia la resurrezione di Cristo, la voce di Padre Pio è rotta da un singhiozzo mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime. Nello stesso momento Paolina “resuscita”. Senza alcun aiuto scende dal letto, si inginocchia e a voce alta recita tre volte il Credo. Poi si alza in piedi e sorride. E’ guarita…anzi, è resuscitata. Padre Pio l’aveva detto: “Resusciterà”, non aveva detto “Guarirà”. Allorché, poco dopo, le viene domandato cosa le è successo nel periodo di tempo in cui è stata morta, Paolina, arrossendo, con pudore, risponde: “Salivo, salivo, contenta…Quando stavo entrando in una grande luce sono tornata indietro, sono tornata giù…”. Non aggiungerà altro.
Una signora raccontava: “Nel 1953 nacque la mia prima bambina che ad un anno e mezzo di età fu salvata da Padre Pio. La mattina del 6 gennaio 1955, mentre ero in chiesa alla Santa Messa, insieme a mio marito, la bambina, che era rimasta a casa con i nonni e uno zio, cadde in una caldaia di acqua bollente. Riportò una scottatura di terzo grado all’addome e nella regione posteriore. Subito supplicai Padre Pio di aiutarci, di salvare la bambina. Il medico, venuto un’ora e mezzo dopo la chiamata consigliò di portarla in ospedale perché temeva che morisse. Non dette pertanto nessun medicamento. Uscito il medico io cominciai ad invocare Padre Pio. Mentre mi stavo preparando per andare in ospedale, era quasi mezzogiorno, la mia bambina che era rimasta sola nella sua cameretta, mi chiamò: “Mamma, la bua non c’è l’ho più”; “chi te l’ha presa?” – chiesi incuriosita. E lei mi rispose: “E’ venuto Padre Pio. Mi ha messo la bua della sua mano sopra la mia”. Nel corpo della bambina, che per il medico era cotta, non c’erano nemmeno le tracce di scottature.
I contadini di San Giovanni Rotondo, ricordano con piacere questo avvenimento. Era primavera. I mandorli fioriti promettevano un buon raccolto ma improvvisamente, sopraggiunsero i bruchi. Milioni di voracissimi bruchi che avanzando compatti divoravano foglie e fiori. Non risparmiavano nemmeno la scorza. Dopo due giorni, dopo aver tentato inutilmente di arrestare quel flagello, i proprietari, per molti dei quali le mandorle erano l’unica risorsa economica – ne parlarono a Padre Pio. Questi, dalla finestra del convento che si affaccia sulle piantagioni, osservò un pò i mandorli semi sepolti da quel brulicare quindi decise di benedirli. Rivestita la cotta e la stola, cominciò a pregare. Terminate le preghiere prese l’aspersorio dell’acqua benedetta e tracciò nell’aria, in direzione dei mandorleti, un gran segno di croce. L’indomani i bruchi erano scomparsi, ma i mandorli nudi come bastoni attestavano la portata del disastro: raccolto interamente perduto. E invece… E invece, incredibile! Si ebbe un raccolto abbondantissimo, un raccolto come mai si era avuto. Ma come poterono alberi senza fiori dare frutti? Come poterono dare mandorle dei mandorli ridotti a dei semplici pezzi di legno infilati in terra. Gli esperti e studiosi di botanica non hanno mai saputo rispondere.
Nell’orto del convento c’erano cipressi, alberi da frutta e qualche pino solitario. All’ombra di essi, d’estate, Padre Pio, nelle ore vespertine, soleva sostare con gli amici e qualche visitatore, per un pò di refrigerio. Un giorno, mentre il Padre stava conversando con un gruppo di persone, tantissimi uccelli, che stavano sui rami più alti degli alberi, ad un tratto presero ad agitarsi, ad emettere pigolii, gorgheggi, fischi e trilli. Merli, passeri, cardellini ed altre varietà di volatili elevarono una sinfonia canora. Quel canto però infastidì ben presto Padre Pio che, alzati gli occhi al cielo e portando l’indice sulle labbra, intimò il silenzio con un deciso: “Adesso basta!” Gli uccelli, i grilli e le cicale immediatamente fecero il più assoluto silenzio. I presenti rimasero tutti profondamente stupiti. Padre Pio, come San Francesco, aveva parlato agli uccelli.
Un signore racconta: “Mia madre, foggiana, che è stata una delle prime figlie spirituali di Padre Pio, non mancava mai, nei suoi incontri con venerato cappuccino, di chiedergli di proteggere mio padre per convertirlo. Nell’aprile del 1945 mio padre doveva essere fucilato. Era già davanti al plotone di esecuzione allorché vide davanti a se Padre Pio, con le braccia alzate, in atto di proteggerlo. Il comandante del plotone diede ordine di sparare, ma dai fucili puntati contro mio padre, i colpi non partirono. I sette componenti del plotone d’esecuzione e il comandante stesso, stupiti, controllarono le armi: nessuna anomalia. Il plotone puntò nuovamente i fucili. Per la seconda volta il comandante diede l’ordine di sparare. E per la seconda volta i fucili si rifiutarono di funzionare. Il fatto misterioso e inspiegabile, determinò la sospensione dell’esecuzione. In un secondo tempo, mio padre, anche in considerazione dell’essere mutilato di guerra e pluridecorato, venne graziato. Mio padre ritornò alla fede cattolica e ricevette i sacramenti a San Giovanni Rotondo, dove si era recato per ringraziare Padre Pio. Mia madre ottenne così la grazia che sempre aveva chiesto a Padre Pio: la conversione del proprio consorte.
Padre Onorato raccontava: – “Mi recai a San Giovanni Rotondo, insieme ad un amico, con una vespa 125. Giunsi al convento poco prima di pranzo. Entrato nel refettorio, dopo avere ossequiato il superiore, andai a baciare la mano a Padre Pio. “Guaglio”, mi disse con aria furba, “t’ha pizzicato la vespa?” (Padre Pio sapeva di quale mezzo di trasporto mi ero servito). Il mattino seguente con la vespa, partiamo per San Michele. A metà strada terminò la benzina, mettemmo la riserva ripromettendoci di fare il pieno a Monte Sant’Angelo. Giunti in paese, la brutta sorpresa: i distributori non erano aperti. Decidemmo egualmente di partire per fare ritorno a San Giovanni Rotondo con la speranza di incontrare qualcuno da cui avere un pò di carburante. Ero dispiaciuto soprattutto per la magra figura che avrei fatto con i confratelli che mi attendevano per il pranzo. Dopo pochi chilometri il motore si mise a scoppiettare e si spense. Guardammo dentro al serbatoio: vuoto. Con amarezza feci notare al mio amico che mancavano una decina di minuti all’ora di pranzo. Un pò per la stizza ed un pò per mostrarmi solidarietà il mio amico dette un colpo al pedale dell’accensione. La vespa si mise subito in moto. Senza chiederci come e perché, partimmo “sparati”. Giunti nel piazzale del convento la vespa si fermò: il motore preceduto dal solito scoppiettio si spense. Aprimmo il serbatoio, era asciutto come prima. Guardammo esterrefatti gli orologi e restammo ancora più storditi: mancavano cinque minuti al pranzo. In cinque minuti avevano percorso quindici chilometri. Media: centottanta chilometri orari. Senza benzina! Entrai in convento mentre i confratelli scendevano per il pranzo. Andai incontro a Padre Pio che mi guardava e sorrideva… .
Maria è la madre di un bimbo ammalatosi appena nato, la quale apprende, a seguito di una visita medica che la piccola creaturina è affetta da un male assai complesso. Quando oramai ogni speranza di salvarlo è assolutamente persa, Maria si decide a partire in treno per San Giovanni Rotondo. Abita in un paese al capo opposto della Puglia ma ha sentito tanto parlare di questo Frate che porta impresse nel suo corpo cinque ferite sanguinanti, uguali a quelle di Gesù sulla Croce, e che fa grandi miracoli, guarisce gli ammalati e ridà speranza agli infelici. Parte subito ma durante il lungo viaggio, il bambino muore. Lo avvolge fra gli indumenti personali e, dopo averlo vegliato per tutta la notte sul treno, lo ripone dentro la valigia e ne chiude il coperchio. Giunge così il giorno seguente a San Giovanni Rotondo. E’ disperata, ha perso l’affetto cui più tiene al mondo ma non ha perso la fede. La sera stessa è al cospetto del frate del Gargano; è in fila per confessarsi e fra le mani stringe la valigia che contiene il piccolo cadavere del suo bambino, oramai deceduto da più di ventiquattro ore. Arriva di fronte a Padre Pio. E’ chino a pregare quando la donna si inginocchia singhiozzante di pianto rotto dalla disperazione, ed implora il suo aiuto, lui la guarda intensamente. La madre apre la valigia e gli mostra il piccolo corpicino. Il povero frate è profondamente toccato ed anch’egli è straziato dal dolore di questa madre inconsolabile. Prende il bambino e gli poggia la mano stigmatizzata sul capo, poi rivolti gli occhi al cielo recita una preghiera. Non passa più di un secondo che la povera creatura già si rianima: un gesto a scatto gli rimuove prima le gambine e poi le piccole braccia, sembra svegliarsi da un lungo sonno. Rivolto alla madre gli dice: “Madre, perché strilli, non vedi che tuo figlio dorme? Le grida della donna e della folla che assiepa la piccola chiesa esplodono in una ovazione generale. Di bocca in bocca si urla al miracolo. E’ il maggio 1925 quando la notizia di questo umile frate che guarisce gli storpi e resuscita i morti, scorre veloce sui fili del telegrafo di tutto il mondo.
Un ingegnere, una sera, essendosi attardato al convento, s’accorse, al momento di uscire, che pioveva a dirotto. “E io no ho nemmeno il parapioggia!” – disse a Padre Pio. “Non potreste tenermi qui fino a domani? Altrimenti ne uscirò inzuppato come un pulcino”. – “No figlio mio, non è possibile. Ma non aver paura. Io ti accompagnerò “. L’ingegnere pensava dentro di se che avrebbe fatto volentieri a meno di questa penitenza, anche se addolcita dall’assistenza spirituale di Padre Pio. Alzò il bavero, si calcò il cappello in testa e s’accinse bravamente a percorrere i due chilometri che lo separavano dal paese. Quale non fu la sua meraviglia, quando si accorse, appena uscito, che l’acquazzone si era improvvisamente calmato. Piovigginava appena, quando arrivò presso la famiglia che li aveva affittato la camera. “Madonna Mia!” – esclamò la donna sentendo aprir la porta – “dovete essere bagnato fino alle ossa! “. – “Niente affatto” – replicò lui – “quasi non piove più”. I contadini si guardarono stupefatti: “Come non piove più? Ma è un vero diluvio. Ascoltate! ” – uscirono sulla soglia della porta e videro che effettivamente pioveva a catinelle. “Da un ora piove senza tregua. Come avete fatto per passare all’asciutto?” – “Padre Pio ha detto che mi accompagnava” – “Ah, se Padre Pio vi ha detto questo…” . L’incidente era chiuso, si misero a tavola. – “Sicuramente”, disse la donna portando il piatto fumante di minestra, “sicuramente la compagnia di Padre Pio vale più di tutti i parapioggia!”
Un signore di Ascoli Piceno raccontava: “Alla fine degli anni cinquanta venni a San Giovanni Rotondo con mia moglie per confessarmi da Padre Pio. Dopo aver ricevuto consigli e qualche rabbuffo, a sera ero ancora nel corridoio del convento. Padre Pio nel vedermi disse: “Sei ancora qui? ” – “Padre, non mi è partita la topolino” – risposi crucciato. “E che cos’è questa topolino?” – chiese ancora il caro frate. – “Un auto” – aggiunsi. “Andiamola a vedere” – replicò Padre Pio. Quando fummo vicini all’auto, egli m’invitò a partire tranquillo. Viaggiammo tutta la notte e, al mattino, portai a far revisionare l’auto che aveva presentato difetti di accensione. Il meccanico, dopo i suoi accertamenti, disse che l’impianto elettrico era completamente fuori uso e non volle assolutamente credere che, in quello stato, l’auto aveva percorso ben 400 chilometri, da San Giovanni Rotondo ad Ascoli Piceno. Ringraziai mentalmente Padre Pio tra stupore e tanta meraviglia.
Non c’era per nulla bisogno di ripetergli dieci volte la stessa cosa, anche mentalmente. Una buona donna del paese ha suo marito ammalato gravemente. Corre subito al convento, ma come arrivare fino a Padre Pio? Per vederlo in confessione è necessario aspettare il turno, almeno tre giorni. Durante la Messa, la poveretta si agita, si dimena, passa da destra a sinistra e da sinistra a destra e confida, piangente, il suo grave problema alla Madonna delle Grazie, per intercessione del suo fedele servitore. Durante le confessioni, stesse evoluzioni. Finalmente riesce a infilarsi nel famoso corridoio, dove si può intravedere Padre Pio. Appena la vede le fa gli occhi severi: “Donna di poca fede, quando finirai di rompermi la testa e di ronzarmi nelle orecchie? Sono forse sordo? Me l’hai già detto cinque volte, a destra, a sinistra, davanti e di dietro. Ho compreso, ho compreso… – Va’ presto a casa, tutto va bene”. Effettivamente il marito era guarito.
Nella cronistoria del convento, alla data del 23 ottobre 1953, si può leggere questa annotazione. “Stamane la signorina Amelia Z., cieca nata, di anni 27, venuta dalla provincia di Vicenza, ha ricevuto la vista. Ecco come. Dopo essersi confessata, chiedeva a Padre Pio la vista. Il Padre le rispondeva: “Abbi fede e prega molto”. All’istante la giovane vedeva Padre Pio: il volto, la mano benedicente, i mezzi guanti che nascondevano le stigmate. La vista è andata rapidamente aumentando, sicché la giovane vedeva già bene da vicino. Riferita la grazia a padre Pio, egli rispondeva: “Ringraziamo il Signore”. Poi la giovane, mentre nel chiostro baciava la mano al Padre e lo ringraziava, gli chiedeva la vista completa, e il Padre “A poco a poco verrà tutta”.
Le stigmate di Padre Pio di Pietralcina
Il mistero delle stimmate di Padre Pio. La parola ai tre medici che lo hanno visitato
Proviamo a capire se realmente è stato un fenomeno soprannaturale e quando le piaghe si sono realmente rimarginate
di Gelsomino Del Guercio
(Gelsomino del Guercio – Aleteia )
Nella notte tra il 22 e il 23 settembre 1968, nella cella n.1 del convento di San Giovanni Rotondo, muore Padre Pio da Pietrelcina.
«Dieci minuti dopo la morte», intorno a lui, ancora «adagiato su un lettino, in atteggiamento di dormire, […] per prestare i pietosi uffici nel ricomporne la salma», erano rimasti solo «quattro cappuccini – il superiore, i padri Pellegrino, Raffaele e Mariano – con il medico curante Sala». Il guardiano del Convento, frate Carmelo Di Donato da San Giovanni in Galdo (CB), «consapevole di dover lasciare una testimonianza ufficiale ed autorevole», volle «di proposito, insieme con altri testimoni, osservare da vicino le stimmate», ma dopo aver sfilato i mezzi guanti e le calze e dopo aver scoperto il petto del defunto, dovette «constatare che le mani non si presentavano più come altre volte» le aveva «viste; ma le ferite sia delle mani, che dei piedi e del costato erano completamente rimarginate, senza lasciare alcun segno o traccia».
Stefano Campanella in I tre misteri di Padre Pio (edizioni San Paolo) riporta i documenti ufficiali del processo canonico sul santo di Pietrelcina, che attestano la scomparsa delle stimmate. ritenuta oggi dalla Chiesa un fenomeno soprannaturale. Una vera e propria inchiesta che fa chiarezza su un argomento da sempre molto dibattuto.
L’assenza di cicatrici
Il dottore Sala – scrive Campanella – fece notare ai presenti che non solo «le mani, i piedi, il torace e ogni altra parte del corpo non mostravano rilievi di ferite», ma neppure le «cicatrici erano presenti alle mani, e ai piedi, né al dorso, né alle palme od in sede plantare, né al costato là dove in vita aveva avuto piaghe ben delimitate e visibili. La cute, in quei punti riferiti, era uguale a quella di ogni altra parte del corpo, morbida, elastica, mobile, e la pressione digitale non evidenziava sprofondamenti del derma o del sottocutaneo o spostamenti di ossa o cedimenti delle stesse».
L’aspetto, il colore, la consistenza non rivelavano «alcunché di particolare, né la presenza di segni di pregressa incisione, lacerazioni, ferite, piaghe o reazioni infiammatorie». In pratica sembrava come se Padre Pio non avesse mai avuto piaghe in quelle parti del corpo.
Le testimonianze sulla scomparsa
Le stimmate (di cui Padre Pio parlò al suo direttore spirituale per la prima volta l’8 settembre 1911), non sono scomparse il giorno della morte. Il dottore Sala ricordò: «Alcuni mesi prima della morte i piedi divennero asciutti e non si palpavano più quei rilievi […] evidenti fino allora».
Anche il guardiano del santuario frate Carmelo, dopo aver ammesso di aver visto poche volte le stimmate di Padre Pio «durante i cinque anni di permanenza» con lui a San Giovanni Rotondo, perché egli «portava sempre le calze ai piedi e i mezzi guanti alle mani, che toglieva soltanto durante la celebrazione della santa Messa, ed anche allora era accortissimo nel coprirsi le mani con le estremità delle maniche del camice (voleva per questo sempre i camici con le maniche lunghe)», ha ricordato che, «due o tre mesi prima della morte, o forse anche prima», le stimmate di Padre Pio erano «cominciate piano piano a chiudersi ed a ridurre la fuoriuscita del sangue».
L’ultimo residuo del sangue versato
Dunque non è la chiusura delle stimmate al momento della morte la vera «novità» ma, precisa frate Carmelo «la mancanza di qualsiasi segno o traccia di cicatrice». Eppure Padre Pio ha avuto le stimmate per oltre cinquant’anni, «così come tutti hanno potuto vedere e migliaia di foto possono dimostrare».
Tra l’altro, in quella stessa lunghissima notte, «nel praticare sul corpo esanime i pietosi uffici soliti a farsi a tutti i morti», frate Carmelo aveva visto con i suoi occhi che «dalla mano sinistra di Padre Pio» si era staccata «una piccola pellicola bianca, ultimo residuo di tutto il sangue versato e dei tessuti muscolari che per cinquant’anni si erano consumati e distrutti».
Piaghe lunghe sette centimetri
Che Padre Pio abbia avuto le piaghe lo attestano testimonianze di confratelli, fedeli, immagini. Eccone due molto interessanti, sempre estratte dal libro di Campanella, e inserite nel processo canonico.
Fra Pellegrino Funicelli ha attestato: «Ho visto spesso le piaghe delle mani di Padre Pio da Pietrelcina: una ferita al centro coperta da incrostazioni. Una sola volta ho avuto la fortuna di vedere la ferita del costato, nel 1958, un giorno in cui Padre Pio si fece riattaccare un bottone alla maglia che aveva addosso e fu, per questo, costretto a scoprirsi: era una piaga lunga sei o sette centimetri e larga due o tre centimetri; mi sembrava molto profonda, in quel momento non versava sangue».
Il sangue del venerdì
Frate Fortunato De Marzio da Serracapriola (FG) ha detto: «Le stimmate delle mani erano visibili durante la Messa, perché allora solo si toglieva i semiguanti. Assistendo alla Messa parata, potevo osservarle a mio agio. Sul dorso e sulla palma v’erano croste abbrunate simili a una rosa rosso-cupo. Al centro non v’erano croste ma un foro ricoperto da un’escara porosa da cui scaturiva continuamente sangue arterioso, specie il venerdì e le feste solenni dell’anno. Detto sangue scorreva tra le croste come tortuosi rivoletti di acqua in una scogliera».
Per Romanelli non c’è spiegazione scientifica
Per fugare ogni dubbio sull’autenticità delle stimmate, ci sono le relazioni scritte dai medici che hanno eseguito accurate visite su Padre Pio. Campanella le riporta sempre ne I tre misteri di Padre Pio.
Il primo ad osservare con attenzione scientifica le lesioni comparse sul corpo del Cappuccino di Pietrelcina fu il dottor Luigi Romanelli, interpellato dall’allora ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Sant’Angelo – Foggia, padre Benedetto Nardella da San Marco in Lamis, che era anche il direttore spirituale di Padre Pio. Nella sua relazione, scritta dopo aver esaminato il futuro Santo nella serata del 15 maggio 1919 e nella mattinata seguente, Romanelli ha evidenziato il carattere non spiegabile scientificamente delle ferite:
Non sono, secondo il mio modo di giudicare, queste ferite classificabili tra le ferite comuni siano esse d’origine infettiva, siano traumatiche (…) Né si potrebbe, esclusa la ferita toracica, invocare e spiegare le zone dei piedi e delle mani, invocando una già avvenuta guarigione con ecchimosi residuale (…) Nella ferita toracica poi, quantunque senza alcuna medicazione adatta, come ho avuto agio di osservare per ben due volte in diverse ore, non vi è ombra della suppurazione (emissioni di pus, infezione, ecc NDR), mentre invece fuoriesce sangue rosso e fisiologico.
Per Bignami è “colpa” della tintura di iodio
Il Sant’Uffizio voleva acquisire un parere ancora più autorevole e chiese all’Ordine dei Cappuccini di far visitare Padre Pio da un docente universitario, il professre Amico Bignami, ordinario di Patologia medica alla Regia Università di Roma. Bignami, non credente, sostenne che le ferite erano superficiali e la tintura di iodio, usata come disinfettante, aveva necrotizzato i tessuti.
«In nessun punto la lesione si approfonda: il derma non è affatto leso», scriveva nella sua relazione datata luglio 1919 e, avendo notato che tutte le zone necrotizzate e la cute circostante erano «fortemente colorate con tintura di iodio», che Padre Pio usava «come disinfettante un paio di volte alla settimana e anche più spesso; ed anche […] perché, a suo dire», se non la applicava, «le lesioni facilmente» sanguinavano, il clinico ha ipotizzato «che le lesioni descritte siano cominciate come prodotti patologici (necrosi multipla della cute) e siano state forse inconsciamente e per un fenomeno di suggestione, completate nella loro simmetria e mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio».
Per il docente universitario la tintura era vecchia e «fortemente irritante e caustica»: applicandola per molti mesi avrebbe creato l’alterazione della cute già preesistente.
Fallisce l’esperimento!
Bignami suggerì un esperimento: fasciare per otto giorni le piaghe di Padre Pio in modo che non le toccasse e non le alimentasse con la tintura di odio, incaricando quattro confratelli di fiducia del padre provinciale di togliere le bende al termine dell’esperimento. Si diceva «sicuro» che le stimmate «sarebbero scomparse».
Al termine dell’esperimento dichiarano i frati – che intanto avevano tolto dalla stanza di Padre Pio il flacone con la tintura di iodio e seguivano passo passo le giornate del frate: «Ogni giorno, come si può rilevare dai pannolini che conserviamo, tutte le piaghe hanno dato sangue; l’ultimo giorno poi fu più abbondante»
Le profezie di Padre Pio di Pietralcina
Oltre ai miracoli accertati grazie ai quali Padre Pio è stato nominato prima Beato, poi Santo, il Padre di Pietralcina portava in sé carismi quali le stigmate (piaghe aperte per oltre 50 anni), la bilocazione (poteva essere visto in due posti contemporaneamente), e la chiaroveggenza (la capacità di leggere il futuro). In pochi sanno però che Padre Pio potrebbe aver lasciato delle vere e proprie Profezie, sotto forma di 12 messaggi di Gesù rivolti a lui e all’umanità.
Ne parla Renzo Baschera nel suo libro “I Grandi Profeti”, ma il condizionale è d’obbligo, perché la veridicità delle Profezie di Padre Pio non è stata ancora accertata. Ecco i 12 messaggi:
L’ora dei castighi è vicina, ma manifesterò la Mia Misericordia. La vostra epoca sarà testimone di un terribile castigo. I Miei Angeli prenderanno cura spirituale di annientare tutti coloro che si burlano di Me e che non crederanno alle Mie profezie. Uragani di fuoco saranno scagliati dalle nuvole, e si estenderanno su tutta la terra. Temporali, tempeste, tuoni e piogge ininterrotte, terremoti copriranno la terra durante tre giorni. Seguirà allora una pioggia di fuoco ininterrotta, per dimostrare che Dio è Signore della creazione.
Coloro che sperano e credono nella Mia Parola non dovranno temere, nè dovranno temere nulla coloro che divulgheranno il Mio messaggio, perchè non li abbandonerò. Nessun male sarà fatto a coloro che sono nelle Mie Grazie, e che cercheranno la protezione della Madre Mia.
Per prepararvi a questa prova, vi darò dei segni e delle istruzioni.
La notte sarà freddissima, il vento spunterà, il tuono si farà sentire.
Chiudete tutte le porte e tutte le finestre. Non parlate con nessuno di fuori. Inginocchiatevi davanti al vostro Crocifisso; pentitevi dei vostri peccati; pregate Mia Madre di ottenere la Sua protezione.
Non guardate fuori durante il terremoto, perchè l’ira del Padre Mio è santa, non sopportereste la vista della Sua ira…
Nella terza notte cesseranno i terremoti ed il fuoco, ed il giorno dopo il sole risplenderà di nuovo. Gli angeli scenderanno dal cielo e porteranno sulla terra lo spirito della pace. Un terzo dell’ umanità perirà…
Messaggi profetici di Padre Pio (Tratti dal libro “I grandi Profeti” di Renzo Baschera)
1°: il mondo sta andando verso la rovina. Gli uomini hanno abbandonato la giusta strada, per avventurarsi in viottoli che finiscono nel deserto della violenza… Se non ritorneranno subito ad abbeverarsi alla fonte dell’umiltà, della carità e dell’amore, sarà la catastrofe.
2°: verranno cose tremende. Io non riesco più a intercedere per gli uomini. La pietà divina sta per finire. L’uomo era stato creato per amare la vita, ed è finito per distruggere la vita…
3°: quando il mondo è stato affidato all’uomo era un giardino. L’uomo lo ha trasformato in un rovaio pieno di veleni. Nulla serve ormai per purificare la casa dell’uomo. È necessaria un’opera profonda, che può venire solo dal cielo.
4°: preparatevi a vivere tre giorni al buio totale. Questi tre giorni sono molto vicini… E in questi giorni rimarrete come morti, senza mangiare e senza bere. Poi tornerà la luce. Ma molti saranno gli uomini che non la vedranno più.
5°: molta gente scapperà sconvolta. Ma correrà senza avere una meta. Diranno che a oriente c’è la salvezza e la gente correrà verso oriente, ma cadrà in un dirupo. Diranno che a occidente c’è la salvezza e la gente correrà verso occidente, ma cadrà in una fornace.
6°: la terra tremerà e il panico sarà grande… La terra è malata. Il terremoto sarà come un serpente: lo sentirete strisciare da tutte le parti. E molte pietre cadranno. E molti uomini periranno.
7°: siete come formiche, perchè verrà il tempo in cui gli uomini si toglieranno gli occhi per una briciola di pane. I negozi saranno saccheggiati, i magazzini saranno presi d’assalto e distrutti. Povero sarà colui che in quei giorni tenebrosi si troverà senza una candela, senza una brocca d’acqua e senza il necessario per tre mesi.
8°: scomparirà una terra… una grande terra. Un paese sarà cancellato per sempre dalle carte geografiche… E con lui verrà trascinata nel fango la storia, la ricchezza e gli uomini.
9°: l’amore dell’uomo per l’uomo è diventato una vuota parola. Come potete pretendere che Gesù vi ami, se voi non sapete amare nemmeno quelli che mangiano alla stessa vostra tavola?… Dall’ira di Dio non saranno risparmiati gli uomini di scienza, ma gli uomini di cuore.
10°: sono disperato… non so più che cosa fare perchè l’umanità si ravveda. Se continuerà su questa strada, l’ira tremenda di Dio si scatenerà come un fulmine tremendo.
11°: una meteora cadrà sulla terra e tutto sussulterà. Sarà un disastro, molto peggiore di una guerra. Molte cose saranno cancellate. E questo sarà uno dei segni…
12°: gli uomini vivranno una tragica esperienza. Molti verranno travolti del fiume, molti verranno inceneriti dal fuoco, molti verranno sepolti dai veleni… Ma io rimarrò vicino ai puri di cuore.
L’esistenza della vita nell’universo confermata da Padre Pio di Pietralcina
https://www.youtube.com/watch?v=_blVK-tjk7Y