GOCCE DI LUCE

Messaggi e Locuzioni di Gesù Cristo e della Santissima Vergine Maria alla Piccola Maria – Roma Gocce di Luce

La regalità di Cristo
24/11/2024 Gesù

Mia piccola Maria, ecco, voi celebrate la regalità di Cristo, la mia regalità. Io sono Re. La mia regalità non è come quella umana, non si restringe alle sue scadenze e ai suoi limiti territoriali. Essa è infinita e eterna. Sovrasta nella sua potestà non solo nei cieli, ma nell’intero universo e su tutte le creature.

Io sono Re perché sono colui che è Creatore di tutte le cose, sono Re perché vi ho conquistato di nuovo a mia sostanza a duro prezzo nel mio Sangue. Sono Re perché continuamente do vita e santificazione per condurvi alla salvezza. Se voi siete è perché Io-sono. Sono l’inizio per cui tutto può nascere e sussistere. Sono Re, per cui tutto potete in colui che tutto può. In me non c’è alba e né tramonto. Il mio trono non ha argini o limiti, sovrasta e supera nelle sue potenze ogni potere.

A Pilato, che nel Vangelo di stasera mi chiede: “Sei tu re?”, Io rispondo: “Tu lo dici”. Io sono Re. Io sono attestazione della mia presenza e della mia regalità, poiché sono venuto nel mondo non per essere servito come le reggenze dell’uomo, ma per dare Io a voi, per dare me stesso, per portare nel mio servizio a compimento l’opera datami dal Padre mio, che non si piega né a compromessi, né a restrizioni e paure del mondo, a costo della stessa vita.

Sono Re perché amo e il mio amore non si flette, non si arresta alle retribuzioni o compensi terreni, ma vola oltre, in una dimensione che supera e congloba ogni vita creata e ne dà sostanza. Sono Re perché il mio pensiero dà accensione ad ogni creazione e non ha restrizioni né le angustezze del pensiero umano che si fa circonciso ai suoi schemi. Il mio pensiero è lume di verità che spazia su tutti gli orizzonti e nel quale si fa sorgente di vita.

Figli miei, come glorificare la mia regalità, se non farsi servitori della verità, del mio insegnamento divino, luce di ogni intelletto che nella bontà del proprio cuore si apre ad essa e ne apprende la ricchezza, in coloro che si pongono a viverla e ne portano poi il suo messaggio ovunque? Questi si fanno veri adoratori della mia regalità. In essi vivo e in essi regno.

Quando giungerà la maturazione dei tempi tornerò sulle nubi trionfanti e tutti mi vedranno. E se sulla terra la mia regalità è rimasta nascosta nella sua umiltà, essa si farà manifesta, evidente e gloriosa dinanzi a tutti i popoli nel suo splendore e nella sua potenza, sicché tutti quelli che l’avranno disprezzata, rinnegata, rifiutata, perseguitata, vi si troveranno innanzi. Gli stessi miei accusatori, i soldati che mi incoronarono di spine dileggiandomi, da Erode a Caifa, da Giuda a Pilato, annichiliti nel loro stupore di confusione si prostrarono a terra pieni di terrore: è giunto il Re dei re.

Beati coloro che avranno accolto, riconosciuto, amato la mia verità e l’avranno partecipata. Essi mi avranno glorificato. Non solo saranno i cittadini del Regno, ma si faranno regali: si faranno dei re.

Vi benedico.

 

Presentazione di Maria al tempio

21/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, oggi ricordate la presentazione di Maria al tempio, che ancora infante e in tenerissima età viene portata al tempio dei genitori per offrirla al Signore Dio per tutti i suoi giorni, tempio in cui anni dopo ella stessa vi porterà il suo Figlio, Cristo Signore, perché sia presentato alla comunità e offerto in oblazione al Padre Santissimo.

Maria è la predestinata, la prescelta, di cui i suoi genitori ne conoscono già un percorso alla santità, dato che anche la sua venuta e stata ad essi annunciata da celestiali visioni. Ed essi, fedeli a Dio, ne adempiono il voto. Viene data a loro in dono una figlia che dà nobiltà e benedizione alla loro stirpe, poiché è la primizia santissima alla loro progenie e per il mondo intero.

Ella si farà a sua volta tempio divino, dimora nel quale il Verbo prenderà carne in lei ed essi intuiscono un progetto grande su questa creatura, ma lo strappo della separazione è forte, ne sentono tutto il lacerante distacco, pur se andranno a visitarla, ma si attengono a tale offerta per far sì che se ne adempia la Santa Volontà di Dio.

Perché Maria viene posta nel tempio? Doveva essere preservata per quanto possibile dalle ombre del mondo, La sua trasparenza, il suo candore immacolato non doveva essere in nessun modo intaccato dalla terra grossolana, pesante, peccatrice. La Madonna si preparava così ad essere cresciuta sì da dolci visioni angeliche, con le quali naturalmente si intratteneva e che infondevano a lei ogni scienza dello spirito, ma ne seguiva anche scrupolosamente gli obblighi delle regole date alle fanciulle del tempio, sia per lo studio alle sacre scritture come negli obblighi delle mansioni e servizi quotidiani che, come per tutte le altre, ella si poneva umilmente ad adempiere.

Forse che tutto tra quelle mura fosse soave e perfetto? No. Le sue compagne le creavano sofferenze perché non comprendevano questa creatura così silenziosa, delicata e sensibile, sempre pronta e disponibile, ma con lo sguardo proteso a pensieri che andavano oltre, verso le altezze del cielo, simile a una farfalla che vola, mentre le piccole bestioline continuano il loro ciclo alla terra e non sanno capire il suo volto, ma cercano di ferirla per farla precipitare.

Maria non si è fermata, non ha arrestato il suo volo, ma ne ha provato dolore solo più per le sue compagne. Questa esperienza nella sua infanzia e fanciullezza la preparerà già alla sua tempra coraggiosa e virile, la forgia alla sua fortezza, di lei, che avrebbe dovuto lottare nel mondo per compiere la sua alta e ardua missione.

La Madonna bambina si era offerto al Padre celeste come vergine immolata per la salvezza di tutti gli uomini, e Dio ha accolto quest’offerta, ma sarà un’offerta indirizzata a una pienezza unica nella storia. Ella sarà il compimento di queste essenze, Vergine e Madre per il suo Figlio divino e per l’intera umanità.

Tra le pareti del tempio Maria si forma, si edifica a sua volta come tempio per accogliere un Dio che prenderà carne in lei. Ed è proprio in questa venuta di me, suo Signore, che mi faccio stampo santificato e divinizzato dalla mia presenza, che ella si farà ulteriore tempio per accogliere tutte le creature che vorranno immergersi in lei, farsi parte di lei, suo rifugio. E come, se non consacrandosi a Maria, se non vivendo ogni giorno con lei che vi plasma a me, suo Figlio, infondendovi le virtù e l’amore suo per adorarmi e servirmi?

Ella vi educherà all’amore, al dono, a farvi roccaforte e protezione contro i dardi del nemico che, per quanto cercherà di colpirvi, non potrà mai dominarvi e occuparvi, mai sarete suoi, dato che vi fa cinti di lei, terra sacra che appartiene all’Eterno, e quindi il nemico non avrà su di voi nessuna potestà: ne è escluso ogni suo passaggio. È a questo motivo che la consacrazione al Cuore di Maria è stata ed è tanto attaccata.

Ella vi presenta al Padre, nella vostra vita e nei vostri atti ne stampa le sue impronte che ne fa collane di fiori che vi cingono per sempre a lei ed a lei vi stringono e vi recingono a Dio.

Nel Vangelo affermo: “Chi è che sia mia madre e chi siano i miei fratelli?”. Sono tutti quelli che vivono la Santa Parola: questi si fanno mia madre e miei fratelli. La Madonna è colei che vi incarna a me, suo Figlio, vi fa parte del mio Sangue e della mia Carne e voi vi fate particelle che costruiscono il mio tempio in cielo. Sarete miei, perché in voi Io vedrò il volto di mia Madre.

Vi benedico.

 

 

L’opera di riparazione

19/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, dice il Vangelo: “Sono venuto per cercare e salvare ciò che era perduto”. Sono venuto per condurre alla salvezza. Questa è la mia missione: salvare i peccatori. Vado ovunque e a ogni uomo busso alla porta del suo cuore per ricondurlo alla retta coscienza, al cambiamento di vita tornando a me.

L’intera esistenza è uno sprone alla creatura per la sua conversione, per il pentimento al suo peccato e ravvedimento. Poco però si pensa e si insegna che oltre la conversione, oltre il pentimento e il perdono ricevuto da Dio bisogna fare ammenda, dare riparazione al male fatto poiché le colpe, seppur perdonate, hanno le loro conseguenze, portano il retaggio dell’errore compiuto sul prossimo con la sua sofferenza, colpe che devono essere risanate pienamente con il vostro impegno, sì che se si ha rubato, pur se pentiti e confessati e ricevuta giustificazione da Dio, bisogna restituire il maltolto o ridare ciò che si è sottratto con i propri guadagni. Se si ha arrecato offesa o ingiustizia verso l’altro bisogna cercare di recuperare non solo il loro perdono, ma ridare stima e onorabilità dinanzi alle altre persone alla ferita data, che a causa vostra ne ha provocato discredito al fratello. Se avete provocato danno, nella misura della sua lesione, della sua proporzione, dovete riparare e farvi anche debitori a vita se l’onta arrecata è stata grave ponendovi a soccorso sia nell’aiuto materiale che morale.

È meglio poter riparare sulla terra le cattive conseguenze che susseguono al proprio peccato, che pagarne nell’eternità il debito. Molto vi viene condonato alla vostra riparazione. Se non tutto viene eliminato completamente è per il bene mancante che potevate apportarne in cambio: l’insolvenza verrà espiata e riparata in purgatorio.

Lo ha evidenziato bene l’episodio di stasera nel Vangelo nel mio incontro con Zaccheo. Egli, che era ladro e truffatore arricchito sui proventi illeciti sui poveri, provocandone miserie e prostrazione, al mio sguardo si trasforma, cambia: una corrente dello Spirito Santo tutto la attraversa e dà luce e ne illumina la coscienza. Ha lume del maltolto sottratto e del suo grave comportamento. Gli ritornano in mente gli antichi ammaestramenti della Sacra Legge ricevuti nell’infanzia e, sinceramente pentito, mi dichiara: “Signore, io do ai poveri metà dei miei averi e se ho rubato a qualcuno restituisco quattro volte tanto”. Zaccheo aveva compreso che al male fatto bisogna riparare.

L’opera di riparazione sistema, risana, ricostruisce, così come quando si è fatta una falla al muro: la si può ricostruire con altri mattoni. Se si ha macchiato una veste, si può con la propria azione di ripulitura farla tornare presentabile al suo utilizzo. A uno strappo fatto ci può essere la sua ricucitura. Tutto ciò che ancora ha possibilità di vita deve e può essere ricucito e ricostruito, non gettato o distrutto, quanto più se si è stati la causa di tale male.

Fatevi come me, come il vostro Signore operatori che riparano, che cercano ciò che è perduto, che pare non abbiano possibilità di riscatto, poiché, finché si è su questa terra, tutto può rinascere e risorgere, anche mediante la vostra opera, e lo potrete con un’opera di riparazione nel bene da poter fare con la vostra preghiera, con le offerte di tanti divini sacrifici. Come salvare i peccatori, se non riparando per la loro anima?

Io sono con voi e vado dove voi andate per la mia ricerca, per salvare i figli che sembra che vadano perduti, ma che nella mia fede, nel mio incontro, anche tramite la vostra riparazione, tornano a vivere.

Vi benedico.

 

La luce

18/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, Dio è luce infinita, trasparenza assoluta, limpidezza senza fine, chiarore che irradia e illumina persino i minimi corpuscoli e alla quale ogni ombra si dissolve. Ciò che gli è contrario, che avversa la sua natura, è tenebra, è l’oscurità profonda, è la notte che recinge il male. Queste due realtà non possono incontrarsi o fondersi. Ognuna appartiene a sé stessa, e nella propria sostanza, sia che illumini o ottenebri, opera.

La massa dell’umanità è immersa nella tenebra, un’oscurità così fitta che si è fatta densa e di duro spessore, dato che ha scelto il peccato e l’artefice che lo fomenta nel diavolo. Ogni atto malevolo compiuto ne ammanta e compenetra del suo buio, che non permette più all’uomo di vedere e riconoscere il retto cammino e la via giusta da percorrere. Egli si fa cieco al bene da compiere.

Il Padre celeste lascia l’uomo libero della sua scelta, ma il suo Cuore ne patisce un immenso dolore perché vede i propri figli creati andare e infondersi alla notte che non avrà più alba, se non ricercheranno più la sua luce. Cosa fare per esserne irradiati, se non porsi al suo desiderio, se non ricercarla, se non invocare che i suoi bagliori tornino a dare su di voi il loro radiore per poter di nuovo vedere.

Dovete farvi come il cieco del Vangelo di stasera che si è posto a gridare il mio soccorso. che ha riconosciuto in me, nella sua fede, colui che solo si fa medico dei vostri mali, che ne ha potestà di portare sanità e guarigione, di farvi tornare alla luce: luce dell’anima e luce degli occhi. E il cieco si è fatto intrepido nel suo grido, non si è arrestato per timore del giudizio umano è ha invocato forte: “Signore, che Io riabbia la vista!”, e la ha ricevuta.

Gli uomini per acquisire di nuovo la luce devono in primo luogo porsi a ricercarla, e la potranno acquisire riconoscendo il loro miserevole stato di cecità, riconoscendo il buio della vita in cui vivono, il loro peccato che li invade e dal quale debbono liberarsi. Questo è il primario passo che permette di poter uscire dall’oscurità e intravedere la nascita di un nuovo giorno, ove il sole divino irraggerà della sua luce.

Ahimè, la moltitudine non ne riconosce il problema e si sente di stare bene così, non si avvede delle tenebre in cui vive. Il demonio con i suoi guizzi e sprazzi di false luci, di giochi pirotecnici, di rumori e frastuoni nei quali vi sollazza, se ne prende gioco attirandola ai suoi abissi oscuri. Cosa saranno gli inferi, se non una notte così nera che non possiede né stelle, né luna, né lampi che ne diano il minimo di chiarore. Esso è e sarà buio eterno.

Molte creature vivono ancora nel loro chiaroscuro, immersi come sono nei loro compromessi, stando tra il bene e il male. Non se ne danno peso o non ne comprendono che Iddio è colui che conduce all’assoluta visione di una perfetta trasparenza. Questo è il viaggio dell’anima che deve giungere a tale meta.

Il Padre Santissimo vi chiama ad essere luce per dare luce a tutti. In molti diranno: “Signore, noi non possiamo illuminare tutto il mondo”, ed Io vi dico che Iddio vi richiederà solo ciò che era nelle vostre possibilità e dovevate fare, vi chiederà la vostra luce personale interiore con la quale, mediante di essa, dovevate illuminare tutto ciò che era intorno a voi ed incontravate.

A ognuno chiede di farsi una sua fiaccola che ne apporta il suo radiore, e tante piccole fiaccole unite insieme si fanno una fiamma che riarde pur nelle tenebre di questo mondo, si fa un falò che irrompe come uno squarcio potente nella sua luminosità da accecare i demoni e ne dà luce a molti che ne ritroveranno la via per tornare a Dio.

Figli miei, la luce divina è, non cambia, non si adegua e non può variare la sua essenza. Essa è origine e compimento di ogni scintillio di lume, immacolatezza di verità, trasparenza di ogni bene. Siete voi che dovete uniformarvi alla sua luce, lasciarvi abbagliare e rivestire della sua bellezza che ne caccia ed elimina ogni vostra oscurità per potervi fare solo anche un raggio, una lanterna, una piccola fiammella che torna a fondersi alla pienezza della sua luce e farsi un tutt’uno.

Vi benedico.

 

 

La fine dei tempi

16/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, la Parola di stasera vi presenta degli accadimenti degli ultimi tempi, quando gli elementi naturali saranno sconvolti, la natura umana avrà al suo termine, poiché avranno raggiunto la fine del loro ciclo e della propria funzione, così come ogni cosa che ha un principio e una fine, una nascita e una morte.

Gli astri del cielo, dice la parola, perderanno il loro senso e precipiteranno. Il sole e la luna non daranno più luce e ci sarà un’ulteriore battaglia tra le forze divine capitanate da San Michele con i suoi eserciti contro le forze oscure dei demoni che si saranno fatti più malvagi e ostinati perché non vorranno essere rinchiusi per sempre ai loro abissi e perdere il loro potere sulla terra.

Queste vicende metteranno stupore e timore e si farà palese ed evidente la spaccatura tra le anime, tra i perversi e gli ingiusti e i buoni e i saggi che andranno a dimorare in eterno nel regno prescelto dalla loro condotta.

Ma tali accadimenti già si perpetuano continuamente nel corso della storia umana che si ripete nei suoi fatti e comportamenti. Ogni epoca che ne fa susseguire un’altra ha i suoi sconvolgimenti con le sue vicende spesso tumultuose in conflitti, guerre, lotte che danno sempre origine a un nuovo tempo. Ugualmente ogni generazione vive le sue prove, le sue crisi, accadimenti che danno nascita e passo a una nuova generazione.

In tutto questo peregrinare e lo scorrere dei secoli, con i suoi combattimenti, con il suo vissuto, ne avviene la spremitura del bene o del male, la distinzione e il riconoscimento dei figli di Dio da quelli del diavolo: ognuno si rivela per ciò che è, in ciò che compie, e si fa popolo a sé sino a quando giungerà la divisione definitiva nell’ultimo giudizio.

La vita stessa di ogni uomo ha i suoi sconvolgimenti. Ogni nascita vive il suo travaglio e parto, ogni declino dell’esistenza porta il suo dolore nella decadenza, e la sua fine ne comporta la lotta e l’agonia della morte, ma al tramonto di ogni uomo che muore c’è l’alba di una nuova creatura.

Io preannuncio il futuro dei tempi che oltrepasseranno il loro punto, il loro confine di ogni stabilità tramite i loro turbamenti e travagli, così come è accaduto anche con la mia venuta nel mondo che ha chiuso il ciclo del vecchio ordine ebraico per il mio nuovo ordine, che è passato attraverso la travagliata passione, morte e risurrezione, ma che ne ha dato nascita al cristianesimo nel quale il peccato dell’uomo è stato perdonato, ne sussiste la misericordia che ne dà continua vita e, come dice la Santa Parola, nel popolo che ne ha ricevuto il perdono dei propri peccati non ci sarà più bisogno di offerta.

Cosa dovete fare voi, figli miei, che siete così sgomenti e timorosi, scrutando gli avvenimenti futuri, le profezie che si fanno apocalittiche e preannunciano grandi catastrofi e sconvolgimenti? Io vi dico: “Non temete”, ma datevi a Dio, abbandonatevi fiduciosi al Padre celeste, dategli il vostro cuore, la vostra anima, la vostra vita e portate a lui più anime possibile, affidate i vostri fratelli più che potete, offriteli al Padre vostro, poiché ciò che viene dato a Dio si fa sua terra, terra consacrata e santa che non può perire, non potrà essere sottratta, ma vivrà all’infinito.

Nessuno sa: né il cielo, né i beati, né il figlio dell’uomo conosce la data del termine del tempo. Solo il Padre Santissimo, che ha creato tutte le cose, ha lui la potestà di riportare ogni cosa a sé. Ciò che è dato a lui non avrà né termine né data di scadenza, non potrà finire, ma si farà stabile e fisso in eterno.

Vi benedico.

 

 

La lebbra del peccato

13/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, chi è che non è stato lebbroso? Chi è che non ha portato in sé l’infermità delle pustole dell’anima delle colpe commesse? Chi è che non ha peccato, quando non avendo ancora un’autentica fede, non avendo percorso un cammino di vita spirituale siete stati rei del male, ed anche quando nel vostro già percorrere la mia strada siete ugualmente poi caduti? Lo afferma San Paolo nella prima lettura: è il tempo in cui si è stati insensati, disubbidienti, corrotti e schiavi di ogni sorta di passione, invidiosi e operatori di odio, nel quale vi siete ammantati del suo lordume nello spirito. E cosa vi ha sanato, cosa vi ha dato rigenerazione, se non l’incontro con me, Cristo Signore, ove siete stati purificati mediante il Sangue del mio sacrificio?

Ora sempre la parola nel suo insegnamento vi richiama ad essere puri, amabili, pazienti, onesti, non maldicenti, miti, proprio perché siate sani, esenti dalla lebbra del male. Ma per mantenervi in tale stato di grazia avete bisogno costante di restare uniti a me, al vostro Signore, poiché per la vostra fragilità facilmente decadete nel peccato. Invece, irrorati continuamente al Preziosissimo Sangue, voi venite perennemente mondati e liberati dalla lebbra. Solo mediante la mia misericordia divina voi ne attingete l’acqua della sua grazia e ne venite costantemente lavati e ricreati.

La lebbra del corpo ormai è arginata a pochi luoghi sulla terra, ma la moltitudine dell’umanità si è fatta lebbrosa nell’anima, il cui fetore si fa ripugnante per le trasgressioni alla Santa Legge che compiono senza più coscienza che sia un male che aggredisce non solo gli altri, a cui vanno i cattivi atti compiuti contro di loro, ma che ne apporta le sue conseguenze nel proprio spirito, uno spirito che si ammala e che spesso ne apporta il suo morbo e ne fa ammalare anche le proprie membra.

Molti, non riconoscendo più il peccato per tale, non credono di avere più bisogno di redenzione, rifiutando la salvezza e annullando il sacrificio divino di Cristo, sicché rimarranno lebbrosi.

Dovrebbero, come descritto nel Vangelo, venire a me come i 10 lebbrosi che, trasgredendo le leggi del tempo che impedivano loro di accostarsi alle persone sane per il timore del contagio, si approssimano comunque a me chiedendo che ne dessi la guarigione. Credono nella mia potestà, di ciò che posso fare, ma Io tasto maggiormente la loro fede e intimo che vadano a purificarsi presso i sacerdoti. Ed essi, fiduciosi della mia parola, vanno. Ed è per la loro fede che durante la via vengono completamente guariti.

Dei dieci però solo uno torna a dare il suo ringraziamento, a sviscerare ai miei piedi la sua gratitudine, e Io ne do a lui lode poiché il ringraziamento, la lode data a Dio quando già si è acquisito il beneficio, o non si fosse ancora ricevuto e si innalza per puro amore e il cuore vive della sua riconoscenza, è un passo che va oltre la fede, va verso la sua santità.

Al cospetto del lebbroso sanato che mi si è prostrato innanzi Io chiedo a lui ove fossero gli altri nove, poiché tutti sono chiamati ad occuparsi anche dello stato dell’anima dei propri fratelli. Avendo ricevuto la grazia della fede, ricevuto il beneficio che avete chiesto, avendo avuto lume dall’alto per la vostra lode, dovete poi prendervi cura della salvezza altrui, operare per il prossimo. Così, come voi ne avete acquisito il vostro bene dal cielo, ugualmente voi: quale il miglior mezzo per darne ringraziamento se non operare per liberare dai peccati le persone? E come lo potrete fare se non pregando per loro, offrendo i divini sacrifici, le vostre mortificazioni, prendendovi cura di essi nei molteplici modi della carità, per essere segno e testimonianza dell’amore di Dio in voi che dona il suo risanamento?

“Dov’è tuo fratello?”, dice il Padre creatore a Caino. Lo chiedi a tutti. Tutti siete responsabili l’uno dell’altro, dato che è nell’amore e nella cura vicendevole che Dio vi offre la sua grazia di riscatto e guarigione. È nel lavoro comune di partecipazione che Iddio opera e vi monda dalla vostra lebbra, sì che pur se foste pure ricoperti di pustole e piaghe purulente e fattivi irriconoscibili, egli vi immerge nella sua fonte di vita nuova e vi rende di nuovo con la pelle rosea e fresca di un fanciullo, vi riforma alla sua santissima immagine.

Vi benedico.

 

 

L’essenzialità della fede

11/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, la parola di stasera vi evidenzia l’essenzialità della fede. C’è bisogno della fede. Per non essere portatori di scandali, ci vuole la fede, e poiché il demonio si fa potente e fomentatore, senza di essa si cade alle sue trame. Ci vuole la fede per essere coloro che combattono gli scandali, che non si fanno indifferenti e voltano lo sguardo altrove. È la fede che dà il coraggio di farsi operatori di giustizia. Ci vuole fede per saper correggere un fratello che sta errando e che dà il coraggio di andare oltre il timore di perdere l’amicizia o la sua stima, ma pensa e agisce nell’ottica del suo bene, della sua anima e della sua eternità. Ci vuole fede per saper perdonare un fratello che non solo una volta, ma molte o continuamente arrechi offesa e provochi dolori e noie, ma comunque costantemente si pente e viene a chiedere il perdono. Cosa ne dà la pazienza, la forza, il senso alla sua giustificazione, se non la fede?

È un programma arduo quello che espone il Vangelo, sì che al suo ascolto persino gli apostoli affermano: “Signore, accresci la nostra fede”. Come si può essere così pronti alle direttive del mio insegnamento, se non sussiste una fede che superi il vostro istinto? E come potete avere tale fede, se non pregate con profondità, se non vi alimentate assiduamente di me che solo vi infondo quell’amore mio che irrora e potenzia la vostra fede? Da soli vivere ciò che vi insegno e sì gravoso, ma con me tutto potete.

Il Padre celeste vi chiama alla santità, ad essere giusti e irreprensibili, ad avere una coscienza retta e onesta, a farvi suo riflesso su questa terra. San Paolo lo espone nella prima lettura, parola di richiamo che non va solo ai presbiteri, ai vescovi, a cui si richiede di essere morigerati, pazienti, amanti del bene, assennati e padroni di sé nell’adempienza della Santa Parola che è stata insegnata, ma il Signore Dio vostro la dilata a tutti voi, a ogni uomo, ogni uomo che sia un vero figlio di Dio che deve lottare contro l’iniquità apportandone bene e rettitudine.

Oggi voi ricordate San Martino, un soldato nella sua prima parte della sua vita, che nel suo incontro con Dio non solo spezza il suo mantello per ricoprire un povero, ma in quel taglio c’è il cambio radicale della sua vita: taglia il manto della sua vecchia esistenza per ricoprire nella sua conversione e il suo nuovo stato di santità le povertà di molti figli caduti in ogni miseria morale e spirituale, come in quella concreta, e dà soccorso alle esigenze primarie. Egli si è posto a combattere tale situazione come soldato di Cristo per sanare ingiustizie e scandali del popolo di Dio.

Figli miei, vi richiamo a fare come San Martino, ad essere operatori di giustizia e carità che sconfiggono le forze oscure, quelle che danno origine al male di ogni scandalo, soprattutto quello dato ai più piccoli, ai più indifese, agli innocenti, bambini, malati, puri di cuore, poveri in uno stato di miseria o di fragilità, poiché chi compie misfatti contro di loro pensa di essere impunito e possa compiere indisturbato ogni oltraggio e abuso senza subirne conseguenze o condanne. Poveri stolti che non sanno e non credono che Dio li veda. E guai a quelli che ne sono stati gli artefici: non basterà la macina che portano al collo e che gettano tra le acque e li sommerge. Il dolore della pena che nell’eternità sopraggiunge con il suo terribile giudizio lo supera.

Iddio della misericordia e dell’amore pazienta su questa terra, anche le onte più gravi date ai più piccoli, nell’attesa del ravvedimento, ma se non ci sarà pentimento e riparazione la sofferenza e l’offesa arrecata verrà pagata nella sua totalità nella propria dipartita per i tempi senza tempo. Potete capire cosa significa?

Figli, chiedete fede per operare nella santità e dare santità.

Vi benedico.

 

 

Le opere siano trasmissioni del cuore

10/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, stasera la Santa Parola vi esorta a vivere una religiosità sincera e profonda, che non si ostenta e mostra sé stessa per il plauso umano, ma vive della sua interiorità, dell’unione con il Padre e ne trasmette la sua opera col cuore.

Le opere devono essere trasmissioni del cuore. Lo pone in evidenza la prima lettura, quando una povera vedova di Sarepta di Sindone incontra il profeta Elia che gli chiede di essere sfamato. Ella non sa di lui, è uno sconosciuto, ma nonostante gli siano rimaste le sue ultime risorse per nutrire lei e il suo figliolo e poi morire, condivide il suo pasto con Elia. Iddio vede la generosità del cuore che non si risparmia e dà tutto di sé, e ricompensa nella sua di prosperità, sì che a tale vedova, poverissima, non mancherà più da quel giorno né farina né olio, con il quale anche lei ne soccorrerà molti che verranno a chiedere nel loro bisogno. Il Padre celeste riconosce e ricompensa sempre l’offerta del cuore.

È ciò che accade ugualmente nel tempio di Gerusalemme dinanzi al posto delle offerte, ove scribi e dottori della legge nella loro opulenza danno monete in modo vistoso per far sì che tutti vedano e ne applaudano. Essi offrono lauto e abbondante denaro poiché pensano che con la loro offerta generosa potranno essere giustificati presso Dio dei loro peccati, che continuano però a compiere, diversamente da un’altra povera vedova che offre al tempio tutto ciò che possiede in due monetine, che sono l’unico sua avere. Chi noterà questo? Quali persone ne daranno rilievo? Eppure Iddio è presente e vede.

Io sono presente e guardo e do ad ella merito e lodi. La sua offerta è gradita e santificata perché nasce dal cuore. Chi riceverà il suo giusto valore e sarà giustificato presso Dio, se non chi esprime la sua fede nelle opere del cuore?

Da sempre gli uomini, dal loro albore, cercano di essere di più, di accrescere la loro posizione per apparire, per dare sfoggio di sé, per avere più poteri. Già da Adamo ed Eva, che nel giardino dell’Eden possedevano tutto: erano felici, sani ed eterni. Eppure hanno desiderato ancora di più: essere come Dio, e tradiscono il Padre creatore per voler conquistare il suo trono. Ma quale trono avranno, se non la loro condanna?

Nel prosieguo della storia continuamente gli uomini hanno cercato di occupare posti di privilegio, di avere il comando, pur defraudando il prossimo. Per cosa? Per essere ammirati, per far sì che gli altri ne vedano le loro opere, la loro gloria acquistata

Anche nei miei tempi, seppur dottori della legge, conoscitori e studiosi delle scritture, usano la loro religiosità per ricercarne il compiacimento e ne ostentano le opere che compiono nel nome di Dio per trarne apprezzamento e vanto. Guardano all’apparenza, mentre la loro condotta è corrotta, prevaricando sui deboli.

Tuttora oggi quanti anche nell’ambito religioso fanno sfoggio di ciò che compiono per essere posti su un podio, e quanti, quanti sono coloro che operano in nome di Dio ricercando sempre lo sguardo degli uomini. Quanti sono coloro che compiono e offrono all’Eterno, ma ricercando consensi e stima umana.

Figli miei, l’umiltà e la carità è parola molto usata, ma poco messa in atto. Io vi invito: guardate al vostro Signore e salvatore che non si è risparmiato. Ha dato tutto sé stesso senza ricercare nulla, ha aperto le mani inchiodate per farsi offerta per voi. Pure voi operate per il Signore senza cercare gloria, senza attendere che gli sguardi dell’uomo vi rimirino. È così fugace la vanità del mondo, anche nelle cose fatte in nome di Dio per apparire.

Date quel che potete senza trattenere ciò che vi appesantisce, non solo nel denaro, ma nel tempo, nella consolazione, nella carità data, in ciò che potete condividere e che nascosto come un tesoro prezioso va offerto al Signore.

Quanti sono coloro che vivono una religiosità che si fa spettacolo, mentre Io cerco l’intimità e l’interiorità dell’anima nell’esserne vissuta. Quanti cristiani si dichiarano ferventi e pii nella fede, ma poi sono mancanti nel soccorso alle necessità primarie da offrire al prossimo: non danno né sé stessi, né cose, né accudimento. Si dichiarano cristiani, ma Io vedo i loro guardaroba ricolmi di abiti e biancheria spesso nemmeno usati e abbandonati lì per anni, che potrebbero invece ricoprire quante nudità nei fratelli. Vedo banchetti opulenti, spese eccessive nei pasti sopraffini di cui spesso grandi parti vengono gettate, mentre potrebbero saziare tante fami. Vedo quanti ori preziosi conservati e tenuti in cassetti nascosti che potrebbero con la loro vendita curare quante infermità e dare soccorso.

Molto si può fare, ma voi pensate di vostri beni apparterranno eternamente, mentre li perderete e andranno ad altri che ne faranno magari un cattivo uso Dio ve ne chiederà conto e ve ne riterrà responsabili al giudizio anche per il bene che non avete fatto. Date, poiché Iddio è munifico. Vi guarda e non si fa superare in generosità. Le vostre offerte del cuore saranno centuplicate come ricchezze nei cieli. Le vostre opere siano espressione dell’amore che avete. Esse resteranno impresse nella memoria di Dio, saranno ricordate e ricompensate da lui come per la vedova nel tempio per l’eternità.

Vi benedico.

 

 

Il primo comandamento

03/11/2024

Gesù

Mia piccola Maria, è bene la preghiera per i suffragi per le anime purganti che dà ad essi luce e sostegno, speranza del raggiungimento alla patria celeste.

Ecco, la parola di oggi vi pone in evidenza l’essenza, il fulcro della fede che è l’amore. Senza l’amore la fede ne viene snaturata e ne perde il senso. L’amore di Dio è la sua centralità, quell’amore che si eleva alle sue altezze e che discende con la sua opera dando benefici ai fratelli, quell’amore che in Dio non è visibile, ma che prende visione e si fa concreto nel prossimo.

Uno scriba nel Vangelo mi chiede: “Signore, qual è il primo dei comandamenti?”, ed Io rispondo: “Il primo: ascolta Israele, amerai il signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza, e amerai il tuo prossimo come te stesso”. In quest’amore c’è il compendio di tutta la legge. Ma cos’è l’amore?

L’amore è dono, e Iddio è supremo dono, dono purissimo, gratuito, provvido, infinito che vi ha dato tutto: la creazione, la vita, la sussistenza, la redenzione dandovi suo Figlio, lo Spirito che vi santifica, l’eternità. Richiede però a quest’amore dato la vostra corrispondenza, per quanto la creatura possa nel suo limite, sia nel riceverlo come nel viverlo in modo che ne dia ringraziamenti e glorificazione a lui a vostra santificazione. E per far sì che vi fondiate a questo amore c’è bisogno però di un’alleanza, di un rapporto unitivo con il Padre celeste con il quale vi nutrite, in modo che alimentandovene costantemente in voi l’amore viva.

È un processo simile a ciò che accade per un motore che, per mantenersi sempre acceso, ha bisogno del carburante, o come un organismo che ha necessità di alimentarsi costantemente per mantenere vitali le sue funzioni, o simile a una pianta la cui linfa deve sempre scorrere perché porti a termine il suo ciclo di germinazione.

L’amore va sostenuto e corroborato continuamente con la preghiera, l’ascolto della Santa Parola, con una vita sacramentale partecipata, con una carità fattiva che ne dia concretezza. Per riceverlo dovete ricorrere senza stancarvi alle sorgenti della sua fonte nell’amore di Dio, in modo che possiate poi ricolmi delle sue acque abbeverarne i fratelli che incontrerete assetati e riarsi della sua mancanza, o riscaldarvi al sole divino sì che caldi del suo tepore vi facciate i suoi raggi che ne estendono il calore e la luce.

L’amore non si può chiudere a sé stessi. Ricevuto, così come è per l’acqua e per il sole, si protrae su tutti. L’amore assimilato non si restringe, non si recinta a sé. Se così fosse, muore. Esso si espande e si dilata, maggiora, ne apporta ovunque il suo bene che ne dà frutto.

Come mai oggi non si ama più, non vive più l’amore autentico che si fa dono per l’altro? Si è divenuti freddi, indifferenti, senza misericordia. E questo perché non si ricorre più all’amore divino, all’amore dell’Eterno che in lui trabocca e vuole riversare nei vostri cuori. E non amando più lui ne rimanete vuoti, spenti.

Come potete amare? E di quale amore? Quello di cui tanto decantate umanamente? Ma ne portate poi in esso la sua vera gratuita ricchezza per ammantarne le creature? Non esige poi il vostro modo di amare il suo appagamento?

Da dove parte l’amore? Lo dice la parola: dall’ascolto. “Ascolta, Israele”, ascolta o anima. Se non c’è l’ascolto, come può il Padre vostro istruirvi ad esso. È dall’ascolto che egli sussurra i suoi dolci inviti all’amore, quell’amore che dà luce alle menti e lo riforma al suo pensiero di verità, che ne corrobora dei suoi sentimenti, la totalità del cuore che ne dà forza e vigore alla vostra energia per corrispondere con un’opera con le vostre mani che dà esito dell’amore divino, dando benedizione tutti intorno a voi. Vi fate così una scintilla che ne apporta alla sua creazione la sua redenzione e la sua santificazione, anche voi vi fate suo dono nel mondo: “Amate!”.

Vi benedico.

 

 

 

Nel 1996, una donna anonima a Roma, denominata “Piccola Maria” (piccola Maria) cominciò a ricevere le locuzioni conosciute come “Gocce di Luce” (Gocce di Luce), di cui i noti editori italiani Edizioni Segno ha pubblicato 10 volumi in forma di libro, l’ultimo risalente al 2017, sebbene i messaggi continuino. L’unica informazione data sulla destinataria è che si tratta di una semplice casalinga e madre che vive nella povertà e nel nascondimento. Le locuzioni, attribuite a Gesù, sono prevalentemente catechesi sulle letture della Messa del giorno, ma talvolta toccano eventi esterni. Per coloro che hanno familiarità con la letteratura mistica cattolica dell’era moderna, il tono e il contenuto altamente strutturale e scritturalmente denso ricordano i lunghi discorsi pedagogici del Signore che si trovano negli scritti di Luisa Piccarreta, Maria Valtorta o Don Ottavio Michelini.

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Introduzione a Gocce di Luce (Gocce di Luce) scritto dalla “Piccola Maria”, come ordinato dal suo direttore spirituale – tradotto dall’italiano. 

Ave Maria!

28 Maggio 2020

Scrivo questa lettera in obbedienza al mio padre spirituale, che più volte mi ha chiesto di spiegare la storia di “Gocce di Luce” (Gocce di Luce), ovvero come tutto ebbe inizio.

Qual è la storia di “Gocce di Luce”? La prima domanda da porsi, e che mi sono posto anch’io, è: “Perché io, Signore? Come entra nel mio cuore questo fenomeno spirituale?”

Con la pienezza dei tempi sono riuscito a descriverlo, come mi è possibile e come è presente l’aiuto di Dio.

È iniziato così. Già molti anni prima, dopo, per così dire, riscoperta della fede, dopo un periodo di lontananza nella prima giovinezza e poi un incontro più profondo con la persona di Gesù, mi accadeva che, nella preghiera, davanti alle sante immagini , nelle chiese, accanto alle tombe dei santi, o quando la preghiera era stata intensa, intima, soprattutto meditando i misteri della Passione del Signore, il discorso di un altro entrava nel mio cuore. Era anche la risposta alle mie domande e ho capito che doveva provenire da qualcosa nel regno dello spirito.

Ho cercato però di non dare peso a questo fenomeno e di lasciarlo da parte, non dandogli alcuna importanza. Dopo che il momento è passato, ho provato a dimenticare e ho pensato che fosse un’autosuggestione. In seguito però, poiché la cosa persisteva, ho cominciato a pensarci, e così sono andata a chiedere lumi ad un prete. Ma dopo aver esposto il problema, mi è stato detto che ero malato e che dovevo rivolgermi ad uno specialista del settore, il quale mi ha detto che ero molestato dal demonio e che quindi avevo bisogno di benedizioni ed esorcismi.

E ho seguito i consigli di vari sacerdoti, ma non è uscito nessun male, né dalla mia psiche, né dal maligno, e mi sono detta ancora: “Signore, cosa vuoi da me? Se tutto questo non è tuo, toglimelo”. Illuminato, credo, mi sono allora messo a conversare, a parlare con Gesù nell’Eucaristia, e ho detto: “Qui nell’Eucaristia c’è solo Dio, e quindi non c’è inganno”. E nel riceverlo dicevo: “Signore, non sento nulla. Fammi sentire, rispondimi, fammi capire”.

E così, quasi senza rendermene conto, in modo molto naturale mi sono disposta all’ascolto, lasciando il mio cuore in silenzio perché Lui avesse tutto lo spazio e l’attenzione, e ho cominciato ad ascoltare per brevi conversazioni, simili ai pensieri che sono parole suggerite nel cuore, un pensiero che parla: parla e capisco se è una voce maschile o femminile, se è Gesù o talvolta la Madonna, o un santo. È un pensiero che si esprime e ama.

Comunione dopo Comunione, i discorsi si facevano più lunghi, ed io diventavo più disponibile a ricevere, come un bambino che prima viene istruito con parole piccole e brevi, e che poi, quando cresce la sua comprensione, può passare a dialoghi più estesi e completi.

Durante la Santa Messa, mentre ascolto la Santa Parola, la povera donna di poca fede, preoccupata, dice dentro di me: “Ma che si può dire di questa Parola?” Eppure, alla fine della lettura, il Signore comincia già il suo insegnamento, lasciandomi però sempre libero di ascoltarlo e di accoglierlo (a seconda del mio stato d’animo e se desidero ascoltare l’omelia del sacerdote), oppure no, perché potrebbe essermi impossibile a causa di eventi o persone.

Questa voce non mi estrania mai da ciò che vivo. Segue la Santa Messa. Lui parla e io ascolto, partecipo. Solo durante la consacrazione c’è silenzio di adorazione. Mi è capitato – spesso, ma non sempre – a seconda di certi periodi, che diventasse difficile per me raggiungere l’altare, ricevere Gesù, e vedendo gli altri fare la fila serenamente, a volte mi tormento. Faccio fatica, sono abbattuto da una specie di combattimento, e quasi provo a scappare. Il traguardo per ricevere la Comunione sembra così lontano; Cerco di nascondere il più possibile il mio disagio, rossa in viso e sudata, come chi ha fatto una grande conquista, e offro al Signore la mia umiliazione. Essendo arrivata, ricevendolo, con gioia gli dico: “Lo abbiamo fatto anche questa volta”. Oppure, perché la distanza mi è tanto ardua, anche se è solo questione di pochi metri, gli dico da lontano: “Aiutami, che nessuno se ne accorga”. Per questo amo molto più le messe feriali più intime che le grandi celebrazioni in mezzo alla folla.

Quante volte mi sono detto: “No, oggi no, resto seduto così non devo affrontare tanti disagi e fatiche”, ma poi qualcuno mi spinge forte, mi sento un vigliacco verso il mio Amore e io vado. Appena faccio la Comunione gli offro le mie intenzioni, e Lui le accetta e dà la sua benedizione, e poi comincia: “Mia piccola Maria”. È come una pioggia, una valanga che si riversa su di me, confermando il discorso già iniziato prima durante la Santa Messa, approfondendolo, amplificandolo.

Versa dentro di me un fiume che non riesco a contenere del tutto. Il contenuto trascritto successivamente gli è fedele: le parole ascoltate sono quelle, ma non tutte. Non sempre riesco a identificarli completamente senza errore così come mi sono stati detti, e non potrei conservarli nel mio cuore e nella mia memoria, se non fosse per la grazia di Dio che mi sostiene e me li ricorda.

Gesù nell’Eucaristia si adatta alle nostre possibilità e capacità cognitive e al ritmo della liturgia, anche se il suo discorso continua nel cuore, anche durante quello che dovrebbe essere il silenzio del ringraziamento. Purtroppo quest’ultima è accompagnata da molta distrazione, da un mormorio comunitario, da molte parole umane, e ci sono anche gli annunci del sacerdote che la interrompono. Per conservare un tale tesoro e non disperderlo, bisogna meditarlo dentro di sé lungo tutto il percorso verso casa, per poterlo trascrivere più fedelmente, e fuggire dalla chiesa, come dopo la Messa tutto – rumore , saluti, tende a fartelo dimenticare, mentre Gesù è ancora nel tuo cuore, già dimenticato.

Dio si rivela nel silenzio, ed è spesso un tormento meditare e restare chiusi nella sua intimità mentre intorno è distrazione e rumore, e bisogna lottare, rimanendo in disparte, quando invece spesso le anime buone vengono a disturbarti continuamente, in per poter conversare con te. Quanto è buono il Signore che dà aiuti e grazie in tutto questo per la conservazione della sua opera, che vuole proprio insegnare che, anche al di sopra della preghiera comunitaria e della fraternità, Lui che è un Dio innamorato delle sue creature che tutti siamo , cerca l’intimità e la comunione.

Ho scritto tutto questo [queste locuzioni] ormai da 25 anni, mentre tornavo a casa dopo la Santa Messa su autobus traballanti, seduto sui gradini della chiesa guardato con sospetto, nascosto in bagno o correndo per tornare a casa e chiudendomi in camera, lontano dalle pressanti esigenze di la mia famiglia bussa insistentemente, chiedendo i miei servizi e la mia cena.

Mi sono detto mille volte: “Ma perché io, Signore? Sai benissimo che non sono un santo. Quando leggo le storie di alcuni santi rabbrividisco e dico: “Che abisso c’è tra me e loro!” Non sono né migliore né peggiore degli altri, sono solo una persona normale di cui non noteresti nulla di diverso se mi guardassi. Non sono adatto nemmeno a questo. Non ho studiato nulla su queste questioni, a parte il piccolo catechismo che ho avuto da bambino. Non ho [la nostra speciale] significa: scrivo solo, non uso né possiedo computer; fino ad ora non ho avuto nemmeno un cellulare o qualcosa, per così dire, di più tecnologico. Ho letto ciò che veniva pubblicato, ma solo come mi era stato riferito dal mio padre spirituale.

Ci sono anime che sono più belle, più sacrificali e che hanno maggiori meriti: anime sante. Ho molti difetti. Continuo a lamentarmi quando le cose non vanno come vorrei.

Perché io? Penso che sia proprio perché non sono nessuno. Il mondo non mi vede. Non ho nulla da presentare, nemmeno virtù e meriti, nel senso che solo Dio può scegliermi ed elevarmi. Chi potrebbe scrivere cose del genere in tali quantità? Sono solo una persona povera e ignorante. Ho fatto solo la casalinga, e penso che Dio voglia dire a me e a tutti: “Non vengo per quelli che sono già santi, ma vengo per i poveri peccatori, limitati, fragili ma amati”. Lui non viene a me e a voi perché siamo meritevoli, ma perché siamo bisognosi, e a me, tra tanti che ricevono altri carismi, ne dà uno in cui viene a dire: “Questo dono io vi do, per per dire che vorrei fare questo con ciascuno di voi”.

Io chiamo questo [le sue locuzioni] un diario, iniziato nel 1996 nei primi anni di “Gocce di Luce”, con il Signore che avvia un discorso di unione e amicizia, ma che vuole offrire a tutti. Ci chiama all’incontro, a stabilire una relazione, per [Lui e] conoscerci per comunicare attraverso la partecipazione reciproca, cioè fonderci in un’intimità amorosa.

I dialoghi sono ripetitivi, proprio come l’amore che non si stanca mai è ripetitivo e ama dire “ti amo”. Significa comprendere come Lui, entrando in contatto uno a uno, vuole conquistare il tuo cuore, e una volta conquistato vi è un matrimonio perpetuo. Se prima non avviene questo incontro, se non c’è un ascolto previo, non c’è adesione al suo insegnamento. Successivamente, le cose vanno da “tu” [singolare] a te” [plurale], poiché da una relazione d’amore nascono [più] bambini, che devono sperimentare la stessa familiarità per parteciparvi.

E continua a insegnare, sondando il Vangelo e arricchendolo, perché, come dice, la sapienza divina è infinita, come infinita è la sua scienza. Quello che Gesù viene a dirmi è per tutti: lo dice anche a te, e ogni persona è una “piccola Maria”. Se raccogliamo tante e tali gocce di luce, illuminiamo con esse la nostra anima.

Quello che mi viene presentato è infatti un Dio risorto e vittorioso, ma qui ancora crocifisso, un Dio maltrattato e non amato come Lui vorrebbe essere, soprattutto dalla sua Chiesa, e per questo si rivolge particolarmente ai sacerdoti , affinché acquisiscano questa intimità con il Signore e riscoprano l’esperienza della maternità della Madonna.

Diventeranno non solo santi, ma generatori di anime, veri padri di innumerevoli figli nello Spirito, per far rinascere una Chiesa conforme al Cuore divino di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria, come Essi desiderano.

“Gocce di luce”: un altro grande dono di misericordia del cielo, di un Dio che non si stanca di parlare all’uomo. Non sprecatelo e non dite semplicemente: “Oh, quanto sono belle queste parole”, lasciandole dimenticate e non vissute. Questo è il suo dono, ma – perdona l’orgoglio – in esso, unita e infusa, non c’è solo la gioia di riceverlo per il bene che può portare: anche questo è scritto con il sangue del sacrificio della mia vita. Spesso faccio fatica perché prima vado in crisi; Mi faccio mettere in ombra e oppresso dal nemico, e talvolta credo che questo sia un suo inganno, e mi tormento, chiedendo perdono al Signore per avermi permesso di scrivere tali cose. E se non avessi sacerdoti che mi diano luce e cresima, non continuerei. Ciò che mi consola è l’obbedienza che mi libera; Lo faccio come servizio. Se mi verrà chiesto di continuare, ascolterò e scriverò; se mi chiedessero di fermarmi, mi fermerei. Non ho altro motivo se non la gloria di Dio e il bene dei miei fratelli e sorelle.

Questo dono costa incomprensioni e abbandoni da parte di coloro dai quali ci si aspetta affetto e sostegno, proprio perché sono persone care, condividano o meno la stessa fede. Se solo sapeste cosa si scatenava in patria, spesso in concomitanza con le pubblicazioni di “Gocce di Luce”. Durante ogni mese, in tutti questi anni, il prezzo è stato una solitudine amara, ma amata. Se ho potuto [solo] stare accanto a Gesù in questo stato, raccogliere queste gocce del suo sudore e del suo sangue nel Getsemani, valgo ben poco, il che mi dispiace. Aiutami a tenergli compagnia.

Dico sempre che ognuno di noi ha il suo posto nel cammino della vita di Gesù. Alcuni nella Sua santa infanzia, altri nell’opera della Sua giovinezza, altri nella Sua predicazione, con Lui nel prendersi cura e curare i malati, alcuni crocifissi in un letto. Il mio posticino è nel giardino, accanto a Colui che mi sostiene, e mentre prima mi demoralizzavo, soprattutto leggendo alcuni racconti della vita dei santi, che mi lasciavano stupito ma anche spaventato di fronte a tanta grandezza e perfezioni, ora mi dire: “Non tutti siamo nati per essere navi o navi da crociera. Ci sono anche piccole barche. Anche il Padre Celeste li vede. Io sono una barchetta, e non penso di poter essere altro, ma anche le barchette navigano e galleggiano sul mare di Dio, e anche loro devono affrontarlo, sia che sia calmo o che ci siano onde impetuose, e fare lo stesso incrocio; ma tutte le barche, piccole o grandi, sono dirette allo stesso porto di santità.

Spero che questo porti bene alla tua anima e ti abbraccio con tanto amore in Gesù e Maria. Prego per te: prega per me.

Piccola Maria